Oggi sono sei anni che sono negli Stati Uniti. Quando qualcuno mi dice quanto sono fortunata a vivere in America, che è il suo sogno, mi sento quasi in colpa, perché non era il mio, anzi ad essere sincera non ci avevo mai pensato prima. Sí certo, a vent’anni mi sarebbe piaciuto fare la ragazza alla pari a Londra, quando ai tempi era molto di moda, e inoltre avendo sempre avuto la passione per il Cinema, avrei voluto, e vorrei ancora in verità, fare un viaggio a Hollywood e cosí anche sognavo di visitare New York City , set di tanti dei miei film del cuore, ma a parte queste vacanze, non mi passava proprio per la testa di lasciare la mia Roma. In fondo io stavo bene: lí c’è la mia famiglia che mi ama, non avevo un lavoro fisso certo, ma facevo quello che avevo sempre sognato di fare, avevo tante amiche, vivevo in una città splendida, e con tutte le sue difficoltà, sempre la più bella del mondo, ma mi mancava l’amore, quello vero, quello con la A maiuscola. Da vera romantica, sognavo la favola. Quando ho conosciuto Rich, americano del New Jersey, non avevo pensato a più di un’amicizia. E invece lui ha sempre creduto che eravamo fatti l’uno per l’altra e non ha mollato. Cosí, dopo essere venuto a conoscermi a Roma, è tornato per venire a prendermi e portarmi nel suo mondo. In quel piccolo paese rurale del centro del New Jersey, ho iniziato una vita tutta nuova: una famiglia che non era la mia, una lingua diversa che certo avevo studiato per anni a scuola, ma che però non sapevo parlare. Davvero un altro mondo per chi come me era abituata alla città e a una diversa mentalità. La cosa positiva era che il piccolo paese, un po’ come è anche Roma, è situato in un punto strategico: a mezz’ora dalla costa, a mezz’ora dalla città di Filadelfia e a quasi un’ora dalla città di New York.

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All’inizio soffrivo molto la mancanza di mia sorella, le cene della mia mamma, persino le telefonate di mio padre, e inoltre le chiacchierate con le mie cugine, gli aperitivi con le amiche, i pranzi con le nonne, le passeggiate nelle vie e nelle piazze della mia città. Ho pianto tanto e spesso, era difficile abituarsi a una nuova vita di zecca in cui ero stata inserita, che non mi apparteneva veramente. Molte cose sono successe in sei anni, ma tre sono le date che  hanno scandito la mia vita qui in USA: il matrimonio con Rich, la nascita di nostro figlio Roman, la cittadinanza americana. Qualche giorno prima del mio test per la cittadinanza ho incontrato un italiano che vive ormai qui da tanti anni. Mi ha detto che se potesse tornare indietro non sarebbe mai venuto in America. Così mentre ero in macchina tornando a casa, mi venivano in mente tanti dubbi, domande, le stesse che credo ogni immigrato almeno una volta nella vita, o forse ogni giorno si faccia: “Ho fatto bene a venire qui? Cosa avrei fatto se fossi rimasto?” Mentre scendevo dalla macchina c’era Roman lí davanti alla porta finestra ad aspettarmi, con il sorriso negli occhi e le manine rivolte a me. In quel momento ho avuto tutte le risposte.

Dall’undici Maggio di sei anni fa sono successi tanti eventi. Ho perso le mie nonne mentre ero qui, amiche si sono sposate e hanno avuto figli. Con alcune il rapporto si è intensificato, con altre si è assopito. La mia vita negli Stati Uniti ha preso sempre più forma. A poco a poco ho iniziato a realizzare che questa era la parte del mondo dove avevo deciso di mettere radici. Molti immigrati dei primi del Novecento sono venuti in America e non sono mai più tornati indietro, alcuni non hanno mai più rivisto I loro genitori. Mi sono chiesta più volte cosa li abbia trattenuti qui. Deve essere stato davvero terribile a quei tempi il mondo da quella parte dell’oceano. Oggi con la tecnologia è tutto diverso. Volendo puoi vederti e parlarti ogni giorno su Skype, scriverti su whatsapp in ogni momento della giornata, twittare ogni pensiero, condividere album di fotografie su facebook e mandare un’istantanea su Instagram. È incredibile come si riesca a stare vicini pur essendo lontani. Nei social network ho conosciuto tante  ersone interessanti e alcune posso anche definirle “amiche”. All’inizio usavo il mio nome ma pensavo di cambiarlo con un nickname. Io non ho mai avuto un soprannome. Tutti mi hanno sempre chiamato Alessandra, Ale, al massimo Sandrina, ma mai con un nomignolo. O forse qualcuno sí, ma è rimasto lí. Rox, un’amica conosciuta su Twitter mi consigliò di mettere il nome di mio figlio nel nickname. Cosí pensando a Roman, Roma, ecc. mi è venuto in mente il film con Alberto Sordi “ Un americano a Roma” e ho creduto che potesse essere divertente essere “una romana in America” senza prendermi troppo sul serio. Ecco perché dopo I social network, ora l’esigenza anche di questo blog, per condividere un po’ del mio mondo da italiana/americana: i luoghi, i sapori, gli eventi, lo shopping. Mi diverte molto, mi coinvolge e mi fa sentire vicina alla mia patria l’ultilizzo dei mezzi tecnologici. Certo, gli abbracci sono un’altra cosa.

Sono tornata più volte in Italia ed è sempre un’emozione. Lí c’è la mia famiglia, le mie amiche con le  uali ho condiviso tanto, I luoghi del cuore, ci sono trent’anni di risate, di lacrime, di studio, di pranzi, di follie, di successi e di fallimenti, di libri letti e di libri lasciati a metà, di cinema, di teatro, trent’anni di vita. Una parte di me apparterrà sempre alla città in cui sono nata e cresciuta. È lí che mi sono formata: il mio pensiero, i gusti, la lingua, le amicizie sono parti imprescindibili, rappresentano quello che sono oggi, il mio bagaglio per la vita, ovunque io sia. Ecco perché nonostante la mia cittadinanza americana, c’è una parte di me che continuerà sempre ad essere una romana. In America.

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Today marks six years since I moved to the United States. When I get told how blessed I am to be living in America, as it seems to be everyone’s dream, I almost feel guilty because it was never mine. I never even thought about it before, to be honest. Of course I would have liked to be an exchange student in London, when I was 20, because it was cool back then and, because Cinema is one of my biggest passions, I always wanted to travel ( I still do ) to Hollywood and dreamed of visiting New York City as well, where many of my favorite movies were filmed at. Aside from these dream vacations though, I never thought I would ever leave Rome. Deep down inside I was happy there. I had a loving family, I didn’t have a steady job, obviously, but I was doing what I always wanted to do. I had a lot of friends and I lived in an amazing city, full of flaws, but still the most beautiful place in the world. But I missed love. True love, that is. Love with a capital L. As a hopeless romantic I was dreaming of the fairy tale. When I first met Rich, an American from New Jersey, I never thought of him as more than a friend. He, however, knew we were meant for each other from the get go and never gave up on me. After he visited me in Rome the first time, he came back determined to bring me back into his world: a small rural town located in central New Jersey. I started a brand new life, with a new family that wasn’t my own, dealing with a language I certainly studied for many years, but that I couldn’t manage to speak. A totally different world for someone like me, who was used to life in a big city and a different type of mentality. The good news is that small town, just like Rome, is in a strategic location: 30 minutes from the coast, 30 minutes from Philadelphia and less than an hour from New York City. I missed my sister a lot in the beginning. I missed my mom’s dinners and my father’s phone calls. I missed chatting with my cousins, cocktails with friends, having lunch with my grandmas, my long walks around Rome and its squares. I cried a lot and often. Getting used to the new life I was thrown in was one of the hardest things I ever had to do. I felt like I didn’t belong. Many things have happened since then, but only three really defined my new life here in America: our wedding, our son Roman, my American citizenship. A few days before my test to become a US citizen was due, I met an Italian who’s been living here for years. He told me if he could turn back time, he wouldn’t choose to come to America. So, as I was driving back home after my test, I was drowning in my own doubts. I asked myself the questions all immigrants asked themselves at least once, or everyday: did I do the right thing coming here? What would have happened if I stayed there? As I got out the car, Roman was waiting for me by the door, his eyes were smiling and his arms wide open ready to hug me. All of my questions were answered right there! A lot has changed since May 11th of six years ago. I lost both of my grandmothers while I was here. My friends got married and had children. Some friendships are still going strong, others are lost along the way. My life in America started taking shape and little by little I realized this is where I wanted to build a new, stable foundation for myself and my new family. Many immigrants from the early 1900s came to America and never looked back. Some have never seen their families again. I asked myself what kept them here. The world must have been awful on the other side of the ocean back in the day. Thankfully, technology makes everything possible, today. You can talk and see your loved ones through Skype, if you want to. You can text via Whatsapp all day long. You can tweet any thought that comes to mind, share photo albums on Facebook and post instant pictures on Instagram. It’s amazing how close we can be though very far away. I met quite a few people on social media and with some I became really good friends. At first I was using my real name but I thought about coming up with a nickname. I was always Alessandra, Ale or Sandrina for everyone, but I never had a nickname. Or maybe I did, but it didn’t go far. Rox, a friend I met on Twitter suggested it would be nice to include my son’s name in my nickname and thinking about Roman, Rome etc., I remembered the famous movie by Alberto Sordi ” an American in Rome “. That’s when I thought it would be fun to be a Roman in America, without taking myself too seriously. That was the moment I decided to start my own blog. I wanted to share bits and pieces of my Italian / American world: places, taste, events, shopping. I have fun doing it, it keeps me interested and technology makes me feel closer to my country. Hugs would be better, of course, but I’ll take this for the time being. I went back to Italy a few times and it’s always an emotional time for me. My family is there, my friends with whom I shared so much life are there, my favorite places are there, there are thirty years of laughs there, thirty years of tears, of studies, of family gatherings, of madness, of successes and failures, of finished books and half way read ones, of cinema, of theatre. Thirty years of life. All there in Rome. Part of me will always belong to my city because my thoughts, my passions, my own language and my friendships define who I am today. That’s my most valuable baggage that will always go with me, wherever I go. Which is why, despite my American citizenship, I will always be a Roman. In America.

Traduzione a cura di Caterina Podda

Translated by Caterina Podda